Riportiamo qui sotto una testimonianza di p. Fernando Domingues1 sulla sua esperienza in Kenya, che rileva alcuni elementi caratteristici del ministero del presbitero che serve nel contesto dell’evangelizzazione ad gentes.

La Parola al centro. Il decreto conciliare sulla nostra vita e ministero come presbiteri (Presbyterorum ordinis 4) presenta la predicazione della Parola come il ‘primo dovere’ dei presbiteri in quanto collaboratori dei vescovi nell’adempimento del mandato di “annunciare a tutti il Vangelo di Dio” (cfr. 2Cor 11,7). Personalmente, questo compito io l’ho spesso e, credo, progressivamente vissuto come un vero privilegio: disporre di strumenti teorici per approfondire il Vangelo come Parola scritta che porta all’incontro vitale con Colui che è la Parola Incarnata, e poi avere la possibilità di trasmettere questa Parola a tanti altri. Questo cammino di approfondimento e di incontro lo si sperimentava non solo nei momenti di studio e di meditazione, ma soprattutto nei momenti di predicazione, poiché anche questa può diventare una vera esperienza di ciò che ordinariamente si chiama “vivere in Cristo” (cfr. Gal 2,20). Ascoltare la Parola insieme agli altri missionari e missionarie è stato spesso uno sforzo arricchente. La mattinata settimanale di riflessione condivisa sulle letture della domenica successiva ci faceva scoprire dimensioni nuove nella Parola e nel nostro ministero. Questa complementarietà ministeriale nell’ascolto non era sempre facile, ma spesso ci portava a scoprire nella Parola una freschezza che la meditazione fatta dal punto di vista del “predicatore di professione” rischia di non cogliere.

Ancora un altro momento significativo di ascolto comunitario era la partecipazione, in un ruolo che non era di presidenza, agli incontri settimanali della piccole comunità cristiane dove si meditava insieme e si pregava la lettura del Vangelo della domenica successiva. Questo si mostrava spesso di una ricchezza sorprendente, poiché essendo fatto in lingua locale africana, dava alla nostra gente una possibilità reale di portare il Vangelo a “contatto diretto” con la loro vita quotidiana nella baraccopoli dove abitavamo. Non di rado mi trovavo davanti interpretazioni veramente nuove per me, per il semplice fatto che non si trattava qui di meditare il vangelo per insegnare ai poveri, ma si trattava dei poveri che riflettevano sul vangelo dal loro punto di vista, dalle sfide concrete che dovevano affrontare. Inoltre, si meditava e si riesprimeva il Vangelo dal di dentro della loro esperienza religiosa, sempre profondamente segnata dalle credenze tipiche della religione tradizionale africana. L’ascolto comunitario della Parola fatto dai missionari, sia tra di noi, sia con la gente locale, mi sembrava necessario per evitare di cadere in “interpretazioni private” (cfr. 2 Pt 1,20), spesso parziali, in risposta a situazioni, culture e tradizioni religiose, che una persona da sola, per di più uno straniero, non riesce mai a conoscere con sufficiente profondità. L’esperienza confermava ciò che crediamo per fede, cioè che tutti i battezzati ricevono dallo Spirito la luce che permette loro di capire il Vangelo di Cristo e di vedere come viverlo nella loro realtà concreta. Questo è ancora più vero quando l’ascolto è fatto in un contesto comunitario di riflessione e studio oranti in vista di una sequela più autentica. La Parola ascoltata diventa poi Parola predicata, sia nel contesto liturgico dell’omelia, sia nelle varie attività di catechesi, nella visita alle famiglie, nell’incontro con i malati e quelli che li assistono, ma anche quando si “predica senza parole”, cioè nell’esercizio concreto delle varie attività di carità e di solidarietà, come nei vari progetti di promozione umana. In ogni caso, la Parola ascoltata nel contesto concreto della gente e insieme a loro, facilmente diventa dialogo con la loro vita nella quale il Signore risorto risponde nel presente al loro bisogno concreto di salvezza.

Animatore di ministeri. Strettamente collegato al ministero della Parola di cui sopra, è il servizio presbiterale di coordinamento e animazione dei ministeri nella comunità cristiana. La comunità nata dall’ascolto della Parola sente dall’inizio l’imperativo di viverla in tutte le dimensioni dell’esistenza dandone una testimonianza credibile agli altri (cfr. AG 6). Da questa realtà sorge una pluralità di ministeri che lo Spirito suscita. Alcuni di questi sono già stabiliti dalla tradizione plurisecolare della Chiesa (catechisti, assistenza ai poveri, ai malati, ministeri collegati alla celebrazione dell’Eucaristia, ecc.), altri sorgono come risposta a necessità locali come il ministero della riconciliazione in zone di conflitto latente o attivo, servizi specifici in zone colpite dalla pandemia dell’AIDS (servizi di prevenzione, assistenza fisica e spirituale ai malati, alle loro famiglie, cura degli orfani, ecc.). Si noti, almeno di passaggio, che i vari ministeri ecclesiali che servono i malati gravi, sono inseparabili dalla loro assistenza spirituale in un contesto dove la malattia è sempre vissuta come espressione e conseguenza di un male morale e spirituale, proprio o altrui. Al presbitero tocca metter in moto e coordinare, nella comunità locale, il processo di discernimento dei ministeri necessari alla vita e al servizio della comunità. Alcuni di questi ministeri servono al funzionamento della comunità, mentre altri esprimono il servizio e la testimonianza della comunità ad extra. Naturalmente poi, ci vuole spesso una buona dose di immaginazione per creare percorsi di formazione iniziale e di formazione permanente per i nuovi ministri, in particolare quando si tratta di creare espressioni ministeriali nuove; alcune aree che ci hanno richiesto uno sforzo particolare di discernimento e formazione di nuovi ministri: le madri non sposate, le bande giovanili, gli orfani, i raccoglitori di rifiuti. Buona parte del tempo e delle energie del presbitero si spendono nel lavoro di animazione e coordinamento di questi ministeri, affinché tutti i membri servano in armonia e nella complementarietà che serve alla crescita dell’unico corpo ecclesiale (1Cor 12, 12 ss). Una Chiesa che nasce e cresce nell’ascolto comunitario della Parola, facilmente sviluppa dinamiche ministeriali ad ogni livello della sua vita cosicché ogni membro diventa un ministro. Ricordo che, in una festa di Pentecoste, durante la celebrazione del sacramento della Cresima, invitavo, secondo la consuetudine locale, ogni cresimando a dichiarare davanti alla comunità il servizio concreto che assumeva tra le molte possibilità che già esistevano; anche una giovane malata grave avanzò a stento appoggiata a due stampelle rozze per dire il suo ministero: “soffrirò per tutti voi e specialmente per i nostri sacerdoti”. Aveva capito il senso di una Chiesa tutta quanta ministeriale. Trovavo particolarmente gratificante vedere persone i cui talenti nascosti venivano scoperti e si sviluppavano precisamente nel contesto di questi ministeri, spesso portando la persona a trovare un nuovo senso della sua dignità umana e cristiana.

Presiedere l’Eucaristia. È nella celebrazione eucaristica domenicale che la comunità, presieduta dal presbitero, celebra la sua vita come corpo del Signore Risorto e quindi segno e strumento della azione concreta del Suo Spirito nel contesto concreto in cui vive.

Di nuovo, tocca al presbitero assicurarsi che nella celebrazione dell’eucaristia, la vita concreta del Corpo di Cristo così come egli vive ‘qui e ora’, sia celebrata e resa visibile in tutta la sua ricchezza. Siccome bisognava gestire il tempo in modo tale che la celebrazione non durasse oltre l’ora e mezza assegnata, si cercava di distribuire la manifestazione degli aspetti più importanti della vita ecclesiale localmente vissuta, nell’arco delle celebrazioni dell’anno liturgico. La celebrazione del Corpo di Cristo sacramentale nei segni del pane e del vino è inseparabile dalla vita concreta della comunità locale, corpo di Cristo nella storia. Donde il bisogno costante di attivare e coordinare il processo necessario e inevitabile dell’inculturazione nella liturgia. Le due coordinate da tenere sempre presenti erano la reale comunione di fede e di rituale con il ‘corpo universale’ di Cristo e, allo stesso tempo, la fedeltà alla vita concreta di questo stesso ‘corpo’ nella sua espressione locale. Ma il servizio presbiterale di presidenza non si può ridurre alle strategie organizzative della celebrazione; al cuore di tale servizio sta il fatto che il presbitero preside in persona Christi; nella sua persona concreta, consacrata dal sacramento dell’Ordine, è Cristo che si manifesta e agisce come capo che offre la sua vita sulla croce per la vita di tutto il suo corpo ecclesiale (cfr. Col 1,18 ss; Ef 5,23 ss).

Per la riflessione personale e comunitaria:

  • Cosa mi colpisce di quest’esperienza presbiterale? Perché?
  • Cosa mi provoca di quest’esperienza? Per quale ragione?
  • Cosa dice a noi come comunità?

APPROFONDIMENTO

Secondo Karl Rahner (O’Meara 1999, 160), la grazia ricevuta al battesimo conferisce il diritto, il compito e la forza interiore per aiutare la Chiesa a realizzarsi. Nella società odierna sempre più fedeli si risvegliano alla chiamata di vivere concretamente la propria fede attraverso il servizio, di collegare la fede alla vita e di servire al Chiesa e il mondo in qualche servizio specifico, che sia a tempo pieno o parziale. I diversi ministeri che oggi emergono nella Chiesa possono avere vari livelli di intensità:

= Alcuni ministeri sono esercitati in modo piuttosto limitato e temporaneo (ad esempio, lettori, ministri straordinari dell’eucaristia, come anche volontari occasionali che assistono i malati, i poveri, o i bambini).

= Poi ci sono dei ministeri che sono esercitati regolarmente, a tempo parziale (una volta alla settimana) e quelli che invece hanno luogo a tempo pieno

Ci sono anche ruoli diversi nel ministero, che devono essere coordinati:

= al centro di tutti i ministeri della comunità cristiana ci sono i ministri ordinati che hanno il compito di guidare la comunità e di mettere i fedeli in grado di esercitare i loro ministeri specifici; di presiedere le celebrazioni liturgiche e di coordinare le attività della comunità.

= Assieme ai ministri ordinati, nella comunità cristiana, ci sarà un’equipe ministeriale centrale, ministri a tempo pieno per vocazione – religiosi e laici – che vivono del loro lavoro e che sono stati preparati attraverso studi e pratica, acquisendo competenza professionale. Tuttavia, il loro ministero non va visto come un lavoro o una posizione di prestigio, ma come un impegno a lunga scadenza dedicato a un ministero pubblico. È il caso di servizi considerati essenziali o molto importanti nella vita della comunità cristiana e che richiedono un senso di vocazione e una preparazione sistematica, scientifica. Questo generalmente porta a una radicale scelta vocazionale, caratterizzata da un impegno a lungo termine e a tempo pieno. Tali ministeri hanno un carattere permanente e richiedono qualità di leadership, uno stile di vita appropriato e una responsabilità verso la Chiesa.

= Ogni ministero dovrebbe includere una qualche forma di preparazione e di mandato conferito pubblicamente. Alcuni ministeri hanno una minore intensità o durata; ciò nonostante, danno un contributo importante e ogni fedele si troverà, ad un certo momento, coinvolto in qualcuno di questi servizi.

= Il presbitero e il vescovo sono responsabili per lo sviluppo della visione e della pratica dei ministeri e animano i fedeli per approfondire la loro identità ministeriale. Ciò vuole dire migliorare il servizio ministeriale dei battezzati, invitandoli al servizio, facilitando la loro formazione ministeriale e coordinando i ministeri, dirigendo il complesso dei ministeri della comunità cristiana.

È importante notare che i ministeri che richiedono meno preparazione e tempo non sono da meno, o in misura minore ministeri, dal momento che sono comunque un servizio ed uno strumento della grazia di Dio. L’essenza del ministero non è determinata da differenze quantitative o qualitative nel servizio, ma dal fatto che è una partecipazione al ministero stesso di Cristo. Come ha sottolineato Giovanni Paolo II nell’esortazione post-sinodale Christifideles laici (CL 21), “I ministeri presenti e operanti nella Chiesa sono tutti, anche se in modalità diverse, una partecipazione al ministero di Gesù Cristo, il buon Pastore che dà la vita per le sue pecore (cf. Gv 10, 11 ), il servo umile e totalmente sacrificato per la salvezza di tutti (cf. Mc 10, 45)”.

Ad ogni modo, serve anzitutto una grande maturità umana perché l’umanità è la visibilità dell’invisibile. Nel passato si è spesso enfatizzata la divinità di Gesù al punto di sminuirne l’umanità. Invece è importante recuperare una cristologia che guardi alla pienezza di umanità. Poi ci vuole una grande esperienza umana e preparazione nella conduzione della comunità. Tradizionalmente la competenza dei presbiteri era affidata soprattutto alla teologia dogmatica scolastica, con un po’ di filosofia come ancilla; un po’ di teologia pastorale, ma era soprattutto sul come amministrare – nota la parola amministrare – i sacramenti. Oggi serve sviluppare sistematicamente competenze ed esperienza su come accompagnare comunità trasformate e trasformanti.

In quanto continuazione della missione di Gesù, i ministeri sono caratterizzati da dedizione totale, abnegazione e servizio ai più poveri ed abbandonati. In prospettiva cristiana, il ministero porta l’arricchimento della presenza, atteggiamenti e missione di Cristo nella società, mediata dalla comunione del ministro con Cristo, come si rileva soprattutto nella donazione di sé affinché gli altri possano avere la vita e la vita in pienezza. Da questo punto di vista – a prescindere da quanto preparazione e formazione un ministro possa avere – il ministero rimane un compito modesto, abilitante, consapevole che la sua forza ed efficacia trascendono i talenti personali, la preparazione, le abilità dell’individuo, anche se tutto questo è una parte necessaria.

Bibliografia

Domingues, F. (2006). “Presbitero e missione”, in Ministeri per la missione, Redemptoris missio: rivista di pastorale e formazione missionaria, Nuova serie, anno XXII, N. 2 luglio – dicembre, pp. 20-29.

John Paul II. (1987). Christifideles laici (The Lay Members of Christ’s Faithful People).

McBrien, R.P. (1987). Ministry. A Theological, Pastoral Book. San Francisco: Harper San Francisco.

McBrien, R.P. (1989). Catholicism. Reprint. London: Geoffrey Chapman 1981, 657-659; 667-675; 842-848.

O’Meara, T.F. (1999). Theology of Ministry. Revised ed. New York: Paulist Press, 139-167; 182-198.

PREGHIERA PERSONALE

Mc10, 35-45

Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».

Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Spunti per la preghiera personale:

Dopo il terzo annuncio della sofferenza e morte di Gesù, sono Giacomo e Giovanni che mostrano quanto sono distanti dal modo di pensare di Gesù. I due fratelli hanno seguito Gesù fin dall’inizio del suo ministero pubblico, sono i suoi primi compagni insieme a Pietro e ad Andrea, hanno abbandonato tutto, famiglia e professione, per stare con lui, e in qualche modo si sentono gli “anziani” della comunità. Eccoli allora presentarsi a Gesù per dirgli ciò che pensano di “meritare” per l’avvenire, quando Gesù, il Re Messia, stabilirà il suo regno: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. È una pretesa più che una domanda, fatta da chi ragiona esattamente come tante volte facciamo noi nel quotidiano: le relazioni contano, dunque occorre rivendicare il loro peso. Sta di fatto che questa che questa richiesta dei due fratelli suscita subito una reazione sdegnata negli altri con-discepoli, che li contestano per gelosia e perché infastiditi dalla loro pretesa.

Allora Gesù li chiama tutti e dodici intorno a sé e dà loro una lezione molto istruttiva, perché è un’apocalisse del potere mondano, politico. Dice: “Voi sapete”, perché basta guardare, osservare, “che coloro i quali sono considerati i governanti delle genti dominano, spadroneggiano su di esse, e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così (Non ita est autem in vobis). Attenzione, Gesù non dice: “Tra voi non sia così”, facendo un augurio o impartendo un comando, ma: “Tra voi non è così”, ovvero, “se è così, voi non siete la mia comunità!”. (E. Bianchi)

= Gesù, si è fatto servo e ha dato la sua vita in riscatto per le moltitudini, cioè per tutti. Gesù non ha dominato, ma ha sempre servito fino a farsi schiavo, fino a lavare i piedi, fino ad accettare una morte ignominiosa, assimilato ai malfattori. Che esperienza personale hai fatto di questo stile di leadership? Come l’hai vissuta?

= Quali aspetti della tua cultura sono criticati da questo Vangelo? E tu, come li vivi?

= A quale conversione ti chiama il Vangelo come animatore nei ministeri in cui sei coinvolto?

CONDIVISIONE COMUNITARIA E PISTE D’AZIONE

1. In un clima di preghiera e ascolto reciproco, condividiamo in comunità i frutti della preghiera personale.

2. Riflettiamo assieme:

= Che cosa emerge dalle nostre condivisioni?

= Quali inviti lo Spirito sta facendo a noi come comunità?

= Come possiamo rispondere, concretamente e realisticamente, a questi inviti?

= Il nostro impegno, concreto e realistico, è……

“La via del servizio è l’antidoto più efficace contro il morbo della ricerca dei primi posti; è la medicina per gli arrampicatori, questa ricerca dei primi posti, che contagia tanti contesti umani e non risparmia neanche i cristiani, il popolo di Dio, neanche la gerarchia ecclesiastica. Perciò, come discepoli di Cristo, accogliamo questo Vangelo come richiamo alla conversione, per testimoniare con coraggio e generosità una Chiesa che si china ai piedi degli ultimi, per servirli con amore e semplicità.” Papa Francesco, Angelus 21/10/2018.

SUGGERIMENTI PER LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA

Atto penitenziale: ciascuno, a partire da una Parola, invoca la misericordia di Dio per guarire dall’incapacità di servire.

Segno: un grembiule, catino d’acqua e sandali, memoria della lavanda dei piedi.

Offertorio: la comunità presenta all’altare l’impegno concreto e realistico che ha deciso di prendere

1 Estratto da Domingues, F. (2006). “Presbitero e missione”, in Ministeri per la missione, Redemptoris missio: rivista di pastorale e formazione missionaria, Nuova serie, anno XXII, N. 2 luglio – dicembre, pp. 20-29.

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