di p. Giulio Albanese MCCJ
Premessa:
- Nella Redemptoris Missio (RM) dell’8 dicembre del 1990 si parlava di tre ambiti della Missione: Pastorale/nuova evangelizzazione/ad gentes. Questa prospettiva è oggi superata dai cambiamenti impressi dalla globalizzazione. D’altronde, biblicamente parlando la Missione è una: senza confini1.
- Dobbiamo passare dalla visione ecclesiocentrica preconciliare a quella del Regno.
- Occorre fare nostra la trilogia di Papa Francesco espressa nella Evangelii Gaudium (EG): Chiesa in uscita; in Periferia e dalla parte dei poveri.
- È anche importante tenere presenti le «vie della Missione» che, secondo Giovanni Paolo II nella RM, sono: testimonianza e annuncio; liturgia, preghiera e contemplazione; giustizia, pace e integrità del creato; dialogo interreligioso e con la società laica; inculturazione; riconciliazione.
- Infine, sempre dal punto di vista contenutistico, vi sono alcuni principi teologico/pastorali molto cari a Papa Francesco: casa comune, ecologia integrale, fraternità…
La Missione opera dello Spirito
Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi (EN) espresse un concetto teologico, ribadito poi da Giovanni Paolo II nella RM e da Francesco nell’EG: lo Spirito Santo è l’«agente principale» dell’evangelizzazione-missione. Già il Concilio Vaticano II aveva dato degli orientamenti molto chiari su questo punto, riconoscendo la presenza e l’azione dello Spirito Santo non solo nella Chiesa ma anche fuori di essa, e soprattutto nelle altre religioni. Nel Decreto Ad Gentes (AG) leggiamo non a caso: «Indubbiamente lo Spirito santo operava nel mondo prima ancora che Cristo fosse glorificato» (AG 4). In ogni caso è chiaro che la salvezza portata in Cristo per mezzo dello Spirito opera al di là delle frontiere della chiesa come leggiamo nella Gaudium et Spes: «Ciò non vale (ndr la Salvezza) solamente per i cristiani, ma anche per tutti gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia. Cristo, infatti, è morto per tutti, e la vocazione ultima di ogni uomo è effettivamente una sola, quella divina; perciò, dobbiamo ritenere che lo Spirito santo dia a tutti la possibilità di essere associati, nel modo che Dio conosce, col mistero pasquale» (GS 22). Da parte sua, Rowan Williams, arcivescovo emerito di Canterbury, ha descritto così la missione: «Essa consiste nello scoprire dove opera lo Spirito Santo unendosi alla sua azione»2
Tutte queste affermazioni sono strettamente collegate all’idea che la missione è prima di tutto la Missio Dei, con l’ulteriore sfumatura che essa riceve il suo slancio dalla Missio Spiritus Sancti. La missione di Dio è svolta dallo Spirito Santo, inviato dal primo momento della creazione dal Padre; si concretizza nella missione del Figlio, Gesù di Nazaret, nella «pienezza dei tempi» (Gal 4,4) ed è «affidata a noi» (2Cor 5,19).
Il paradigma biblico
La comunità di Antiochia: 1 C’erano nella comunità di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode tetrarca, e Saulo. 2 Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». 3 Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono. (Atti 13, 1-3) Si evince che la Chiesa è piccolo gregge con due declinazioni: Il primato della qualità sulla quantità; una qualità destinata alla missione ad extra (fuori le mura).
Animazione: ieri e oggi
L’animazione consiste nel comunicare la passione per la Missione. Non è un’attività di marketing o di semplice reclutamento di risorse umane. Consiste nella capacità di coinvolgere la propria Chiesa nella comprensione effettiva del Mandatum Novum di Nostro Signore Gesù Cristo. Tutto questo nella cristiana certezza che, come scriveva Giovanni Paolo II, «la fede si rafforza donandola» (RM2) spiegando poi che «l’urgenza dell’evangelizzazione missionaria si fonda sul fatto che essa costituisce il primo servizio che la chiesa può rendere a ciascun uomo e all’intera umanità nel mondo odierno, il quale conosce stupende conquiste, ma sembra avere smarrito il senso delle realtà ultime e della stessa esistenza» (RM2).
Ai tempi del Comboni l’animazione si svolgeva solo nelle Chiese a quo (Chiese di antica tradizione come quelle europee). Quelle ad quem dovevano solo ricevere e nell’immaginario del tempo erano di fatto considerate come territori di missione (es. Vicariati apostolici … ). Non vi era dunque uno scambio. L’animazione consisteva nel promuovere l’orazione in funzione della missione ad gentes, nel raccogliere fondi e reclutare vocazioni. Sebbene già con l’enciclica Fidei Donum si affermasse lo scambio (circolarità) espressa poi nella cooperazione Missionaria dal Concilio Vaticano II in poi, ancora oggi l’impianto dell’animazione, in vasti settori del mondo missionario, risulta essere quello arcaico.
L’animazione come impegno di tutte le comunità missionarie. Proviamo ora a chiederci quale deve essere il compito di una comunità missionaria. Proviamo a buttare giù una sorta di descrizione:
a) Spiritualità Missionaria (vita secondo lo Spirito)
b) Informazione (lettura dei segni dei tempi)
c) Formazione (Magistero e Educazione alla Mondialità)
d) Solidarietà (condivisione, progettualità …)
e) Vocazioni (La comunità di Corinto; andando al di là della logica del reclutamento)
In termini generali possiamo dire che la comunità missionaria deve essere un laboratorio del pensiero missionario, promuovendo incontri per la preghiera, la riflessione e la testimonianza sui temi dell’ad gentes.
1 Il fatto che la Missione sia una, dal punto di vista biblico, è stato ben espresso e documentato dal compianto cardinale Carlo Maria Martini. È comunque importante sottolineare che alcuni missiologi avvertono la necessità di abbandonare il concetto tradizionale di missio ad gentes per adottare il nuovo paradigma della missio inter gentes. Secondo questi missiologi, tale cambiamento aiuterebbe a riconoscere meglio l’opera dello Spirito al di fuori dei confini della chiesa, dall’extra ecclesiam nulla salus, dalla visione gerarchica e non comunionale della chiesa. L’espressione inter gentes (Rom 2,24; 1 Cor, 5:1; Gal 2,8; 1 Pt 2; 12) presente nel NT, ma è bene notare che in questi testi le genti rappresentano una categoria religiosa più che etnico-geografica. Le genti sono inoltre spesso associate ad abitudini e comportamenti che chiedono conversione. Infine, i termini non si riferiscono all’attività evangelizzatrice in senso stretto. L’unica eccezione è Gal 2,8 dove inter gentes viene usato da Paolo per descrivere la sua opera missionaria che si svolge “tra” i gentili a differenza di Pietro che opera tra i circoncisi.
2 K. Kirsteen, Joining in with the Spirit, Epworth Press, London 2010, p. 1