Nel secondo capitolo dell’enciclica Fratelli tutti, papa Francesco offre una chiave di lettura della realtà odierna e l’esperienza spirituale che sottende la risposta cristiana alle sfide del nostro tempo. Mi colpisce la corrispondenza degli spunti di questo capitolo con gli elementi caratterizzanti il carisma comboniano.
Anzitutto l’invito ad “uscire”, a farsi prossimi, paradigma di una missione ad extra. A chi gli chiedeva “chi è il prossimo”, Gesù risponde spiazzandolo, invitandolo a “farsi prossimo”, vicino, a farsi presente attraversando tutte le barriere geografico-culturali, religiose, socio-economiche, politiche. Il prossimo è colui con cui c’è mutua appartenenza e Gesù ci invita a riconoscere Lui stesso in ogni fratello o sorella abbandonata o a rischio. Questa è stata anche l’esperienza spirituale di Comboni, per il quale il volto di Cristo e il volto dell’Africa coincidevano.
L’azione del samaritano della parabola è fatta di dedizione totale, lontano da ogni ripiegamento su di sé, da una vita in una bolla, nell’indifferenza verso la dignità e la sofferenza umana. L’esito della vicenda è una rigenerazione del malcapitato ridotto in fin di vita. Gesù ci invita a essere costruttori di un nuovo legame sociale e a non lasciare edificare una società di esclusione, perché il bene sia comune. Per arrivare all’esperienza di rigenerazione è importante attivare processi e trasformazioni sociali, partecipare alla riabilitazione di società ferite. Questo richiede la partecipazione e il protagonismo degli esclusi, il costituirsi come popolo per includere, integrare, risollevare chi caduto. Ma tutto questo non è forse il sogno di Comboni di una “rigenerazione dell’Africa con l’Africa”? Una rigenerazione che presuppone la grazia, un incontro trasformante con il Risorto, così come accompagnamento, servizio e trasformazione sociale.
Ed ancora, papa Francesco insiste che tutto questo non si può fare da soli, ma possiamo riuscirci solo assieme. Anche qui riecheggia l’esperienza di Comboni, che anzitutto credeva profondamente nella soggettività dell’Africa e poi pensava ad un’opera “cattolica”, cioè una comunione universale, che rispettando le diversità e unicità, sia nella chiesa che nella società, si impegnasse in un cammino condiviso, oggi diremmo sinodale. Papa Francesco ci ricorda anche che il cammino sulla strada della rigenerazione non è facile e che di fronte a tanto dolore, ferite, ingiustizia e violenza, l’unica via d’uscita è essere come il buon samaritano, che si fa carico della fragilità degli altri, fa causa comune: le opere di Dio nascono sempre ai piedi della croce.
La sintonia del carisma comboniano con il messaggio della Fratelli tutti ci interpella e invita a discernere quale può essere, nei diversi contesti ove siamo presenti, un contributo qualificato comboniano specifico all’interno dell’impegno del popolo verso un mondo più fraterno e sostenibile.