L’esperienza della REPAM
Nel discorso ai vescovi del Brasile del 27 luglio 2013, papa Francesco segnalava la fragilità delle reti ecclesiali nel Paese. Ciò vale soprattutto per la regione amazzonica, per due ragioni. Da un lato, la precarietà strutturale delle équipe pastorali, con carenza di missionari, scarsezza di mezzi finanziari, isolamento e difficoltà di comunicazione. Dall’altro, le diocesi e le altre strutture ecclesiali locali soffrono di una prospettiva limitata e stentano a riconoscersi all’interno di processi che riguardano tutta la regione. Oggi, la consapevolezza della vasta portata dei fenomeni che sperimentiamo localmente spinge a superare la frammentazione. Inoltre, le sopraffazioni e le sofferenze che hanno segnato la storia amazzonica risuonano oggi nella Chiesa come un appello alla conversione, che porta a chiedere perdono per tutte le volte in cui la Chiesa non è riuscita a liberarsi dall’influenza del sistema coloniale. Da ciò che non è stato fatto in passato, impariamo la lezione di cosa si debba fare oggi al servizio dei più vulnerabili. Ma nell’Amazzonia possiamo ritrovare un patrimonio di esperienze antiche di vita in armonia con la natura: i popoli indigeni offrono un esempio e un insegnamento di come si possa “coltivare e custodire” la creazione che Dio ha affidato all’umanità (cfr Genesi 2,15).
La REPAM è un frutto della risposta della Chiesa a queste sollecitazioni. La riflessione che nasce al suo interno va compresa all’interno del percorso storico della Chiesa in America latina, con particolare riferimento alla V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano di Aparecida (CELAM 2007) che, riconosciuta «l’importanza dell’Amazzonia per tutta l’umanità», invitava a «stabilire, fra le Chiese locali dei diversi Paesi sudamericani che fanno parte del bacino amazzonico, una cura pastorale globale con priorità differenziate per creare un modello di sviluppo che privilegi i poveri e serva al bene comune» (n. 475). Questa richiesta dei vescovi è stata messa in atto attraverso la missione della REPAM, che consiste nel rafforzare l’azione della Chiesa nell’Amazzonia, realizzando opzioni apostoliche coordinate, integrate e su più livelli, ispirate alla dottrina sociale della Chiesa, all’interno di una piattaforma di condivisione della quale fanno parte le Chiese locali, le congregazioni religiose, altre istituzioni ecclesiali e movimenti laicali. La dimensione sovranazionale, il carattere ecclesiale e l’impegno per la difesa della vita fondano l’identità della Rete, come ha riconosciuto il card. Peter Turkson, all’epoca presidente del Pontificio consiglio della Giustizia e della pace e attualmente prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, osservando che «il modo in cui la REPAM, agendo come una “piattaforma”, si strutturerà e definirà il suo modo di funzionamento, le sue priorità di azione, i suoi alleati o le sue modalità di accreditamento, potrebbe servire come modello ad altre Chiese locali di altri continenti che si trovano ad affrontare sfide analoghe».
La struttura della Rete è concepita per articolare l’unità ecclesiale e la pluralità delle istanze locali. Presieduta dal Dipartimento giustizia e solidarietà del CELAM, dalla Commissione amazzonica della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, dal Segretariato latinoamericano Caritas e dalla Conferenza latinoamericana dei religiosi, è organizzata in commissioni tematiche. Un punto importante è l’articolazione della missione con le istanze nazionali, stabilite dagli episcopati dei rispettivi Paesi.
Estratto da: https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/repam-per-una-chiesa-dal-volto-amazzonico/
Per la riflessione personale e comunitaria:
- Cosa mi colpisce di quest’esperienza di sinodalità? Perché?
- Cosa mi provoca di quest’esperienza? Per quale ragione?
- Cosa dice a noi come chiesa locale?
APPROFONDIMENTO
Papa Francesco, in modo autorevole e con grande frequenza, parla della necessità di vivere la sinodalità nella chiesa di oggi. A suo avviso, vivere e instaurare la sinodalità nella chiesa non è solo l’urgenza maggiore, ma proprio dalla pratica della sinodalità dipende il futuro della chiesa e il rimedio per molte patologie che oggi appaiono devastanti e dolorose. E per noi missionari può essere davvero un grande opportunità e ponte che aiuta e lega le Chiese del Sud con quelle del Nord.
Dopo il concilio Vaticano II eravamo abituati a parlare di “collegialità” episcopale e presbiterale, mentre il termine “sinodalità” raramente era presente nel linguaggio ecclesiale cattolico. E quando si evocava la sinodalità, lo si faceva in riferimento alle istituzioni delle chiese orientali-ortodosse, indicando con il termine “sinodo-sinodalità” la loro forma di governo. È significativo che negli anni di passaggio tra i due millenni sia stato delineato e presentato prima a Giovanni Paolo II e poi a Benedetto XVI un progetto per un sinodo permanente che fosse accanto al vescovo di Roma, per accompagnarlo nel suo ministero petrino di sollecitudine per tutte le chiese. Questo progetto venne elaborato da alcuni tra i più grandi teologi ed ecclesiologi e fu portato all’attenzione dei due papi con grande speranza. È così che il sinodo era pensato e desiderato, quale rinnovamento della forma di governo della chiesa. Ma è stato Papa Francesco che lo ha spinto, sostenuto e fortemente voluto per un cambiamento nella Chiesa.
Si tratta dunque di saper leggere e ascoltare la realtà con le sue inattese criticità. Ascoltare diventa dunque ascoltarsi l’un l’altro, nella volontà di imparare qualcosa dall’altro e di accogliersi reciprocamente: l’ascolto di tutti, membri forti o deboli, giusti o peccatori, intelligenti o semplici, uomini o donne, è una confessione pratica e una celebrazione dell’unità dei battezzati in Cristo. Tutti hanno la stessa dignità di figli e figlie di Dio e perciò di fratelli e sorelle di Gesù Cristo: “un solo corpo, un solo spirito, una sola vocazione” (cf. Ef 4,4), un’unica comunione ecclesiale! La chiesa è una fraternità (adelphótes: 1Pt 2,17; 5,9), i cristiani sono “pietre vive dell’edificio spirituale” (1Pt 2,5) che è la chiesa e in ciascuno di loro è presente lo Spirito santo, quel “fiuto” – dice papa Francesco – che li abilita a narrare le meraviglie compiute dal Signore, a riconoscere la sua azione e a vivere la propria esistenza come dinamica del Regno.
Comunità profetica, sacerdotale e regale, la chiesa si nutre della corresponsabilità di tutti, nella pluralità dei doni e dei ministeri donati dallo Spirito santo a ciascuno. Il cammino sinodale è il cammino di questa realtà che vuole percorrere la stessa strada, restare unita in una comunione reale, per giungere alla stessa meta: il regno di Dio. Prendere la parola è dunque essenziale nella vita della chiesa, perché significa comunicare, entrare in un confronto, in un dialogo che plasma quanti si ascoltano reciprocamente e crea in loro solidarietà e corresponsabilità. Così la sinodalità è generativa di una coscienza ecclesiale, di una fede pensata e motivata che rende ogni battezzato protagonista della vita e della missione della chiesa.
Discernere e deliberare è un atto ecclesiale, ispirato dalla parola di Dio, frutto dell’esame dei segni dei tempi, generato da un ascolto e da un confronto fraterno che necessita del concorso di ciascuno e di tutti per giungere a elaborare e decidere insieme ciò che in seguito è deliberato dall’autorità pastorale, la quale non può fare a meno del contributo dei diversi ministeri e carismi ecclesiali. La sinodalità non si esaurisce perciò in un evento celebrato (un sinodo) ma deve apparire quale stile quotidiano della chiesa: camminare insieme, pastori e popolo di Dio, nel pellegrinare che la chiesa tutta compie verso il Regno.
Avviare processi sinodali nella chiesa, negli istituti, nelle comunità religiose e parrocchiali è non solo urgente ma anche decisivo, per impedire una situazione di comunità cristiane e religiose sfilacciate che non sentono più la comunione nella chiesa locale e nella chiesa catholica, universale e nella comunità fraterna.
Sia però chiaro: in questa comprensione, un sinodo non può essere un’assemblea riservata ai “quadri”, alla gerarchia, a quanti sono a capo di gruppi o istituzioni, ma è un’assemblea dei battezzati in cui ognuno e tutti devono essere ascoltati, devono confrontarsi nel dialogo che non esclude i conflitti, devono trovare convergenze nella carità fraterna ecclesiale, devono produrre una deliberazione a cui obbedire.
Per approfondire ulteriormente:
Coda, P – Repore, R. (a cura di). (2019) La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa. Commento a più voci del Documento della Commissione Teologica Internazionale, Bologna: EDB.
Commissione Teologica Internazionale (2018) La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana.
Francesco (2018) Episcopalis communio. Costituzione apostolica sul sinodo dei vescovi.
Spadaro, A. – Galli, C. (2018) La sinodalità nella vita e nella missionoe della Chiesa, in La Civiltà Cattolica, Quaderno 4039, pp. 55-70.
PREGHIERA PERSONALE
Lc 24, 13-35
13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
Spunti per la preghiera personale:
Tra le tante chiavi di lettura del brano, sono interessanti i temi della “strada” e della “parola”. Gesù ed i due discepoli parlano camminando ed il parlare camminando è importante nell’opera lucana. I due discepoli non riescono ad attribuire significato al momento della morte di Gesù. Per loro la croce è ancora un incomprensibile scandalo. Sulla croce è svanito il sogno di poter realizzare con Gesù un cambiamento concreto nel loro paese (“noi speravamo che fosse lui a liberare Israele”). E’ vero, continua il racconto, che si è sparsa la voce, alimentata da alcune donne, che egli è vivo, ma i discepoli, in fin dei conti, Gesù non lo hanno visto…I due hanno dato sfogo a tutto quello che avevano dentro. In loro si vede la differenza tra il sapere ed il credere: hanno proclamato un perfetto credo in Gesù di Nazareth, riconoscendone la qualità di profeta, fino alla affermazione: “Egli è vivo”….ma restano nell’incomprensione. Tutto è stato detto, ma tutto resta oscuro. Tutto è razionalmente raccontato, ma di tutto sfugge il senso profondo. Ora Luca imprime una svolta al racconto. Pone di fronte alla comunità l’ostacolo che non riusciva a superare: la morte di Gesù. Luca dà il senso totale del Cristo attraverso la spiegazione delle Scritture e la frazione del pane. (Carlo Maria Martini)
= Il racconto presenta l’esperienza di Clèopa e l’altro discepolo che lasciano Gerusalemme, ma a ben vedere si tratta del cammino di tutta una comunità: si parla del contributo delle donne, di alcuni altri che si sono recati alla tomba, degli Undici e di Simone. E soprattutto, della presenza di Gesù in mezzo a tutti loro che li accompagna. Cosa ti suggerisce questo sulla sinodalità?
= La Parola e l’Eucaristia sono due momenti fondamentali per camminare insieme come Chiesa, riconoscere la presenza di Gesù Risorto nella storia e seguirlo. Qual è la tua esperienza più significativa di questa realtà? Che cosa ti insegna questa esperienza?
= Quali inviti a “camminare insieme” ti fa lo Spirito nel tuo impegno ministeriale e comunitario?
CONDIVISIONE COMUNITARIA E PISTE D’AZIONE
1. In un clima di preghiera e ascolto reciproco, condividiamo in comunità i frutti della preghiera personale.
2. Riflettiamo assieme:
= Che cosa emerge dalle nostre condivisioni?
= Quali inviti lo Spirito sta facendo a noi come comunità?
= Come possiamo rispondere, concretamente e realisticamente, a questi inviti?
= Il nostro impegno, concreto e realistico, è ……
Fermandosi a riflettere sul camminare dei cristiani, papa Francesco afferma: «Penso che questa sia veramente l’esperienza più bella che viviamo: far parte di un popolo in cammino, in cammino nella storia, insieme con il suo Signore, che cammina in mezzo a noi!». Egli insiste sul fatto che il popolo di Dio deve camminare sempre insieme alla comunità famiglia di Adamo, in mezzo alla quale si è presi e alla quale si è mandati. Così la sinodalità diventa il nome della vita della Chiesa e della sua missione. Ci consola sapere che il cammino sinodale è animato e consolato dallo Spirito, sotto la cui ala e nella cui forza, la Chiesa pellegrina avanza cercando il Regno «nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo» (Liturgia della messa). Da: http://www.settimananews.it/chiesa/chiesa-tutta-sinodale/
SUGGERIMENTI PER LA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
Messa per l’unità dei cristiani
Segno: un puzzle, parzialmente completato, con i pezzi rimanenti attorno; assieme ad una bibbia, del pane e una candela accesa
Offertorio: la comunità presenta all’altare l’impegno concreto e realistico che ha deciso di prendere