Già dalla mia prima partenza per l’Africa, nel 1973, mia gioia era poter annunciare il Vangelo ai “più poveri e abbandonati”. Il mio interesse per la realtà delle ingiustizie sociali risaliva al mio tempo in famiglia, dove l’Umbria e i miei familiari eravano socialisti. Anzi, avevamo la tessera del Partito Comunista. A parte quella mia forma mentis di cercare le cause della povertà, stavo assimilando con entusiasmo il Concilio Vaticano II. Così, sono partito per l’Africa, lasciando da parte ogni dogmatismo.
La Teologia, la tradizione missionaria che vi trovai, era, secondo me, sorpassata. Pur rispettando, celebrando quanto di bene fosse stato fatto da missionari/e nel passato e fino a quel momento, io scorgevo l’urgenza di delineare un “futuro” nell’Incontro fraterno da uguaglianza con singoli, con popoli, con la loro religiosità con le loro culture.
La mia Teologia doveva partire dall’esperienza della gente comune, laici, laiche più che non voci clericali, dall’ascolto della realtà sempre nella prospettiva storico salvifica, per cogliere l’essenziale di quel Tempo di Dio che quei popoli avevano vissuto prima e di quel Tempo di Dio nel momento in cui ora ci trovavamo insieme.
Arriva il 1993 e mi trovo di nuovo in Africa, in Kenya, la cui chiesa è in effervescenza per il 1° Sinodo Africano allora in preparazione. Insieme a quella chiesa prepariamo proposte e poi mi trovo a Roma nel 1994 per partecipare al Sinodo. Proprio mentre si celebra il Sinodo, avviene il genocidio in Ruanda, la nazione africana più cattolica. Ritorno in Kenya col cuore ferito ma coll’intelletto lucido da credere che questa grande crisi sia l’opportunità per la rinascita della fede e quindi guardiamo avanti con speranza.
Insieme ad africani/e, missionari missionarie, laici, laiche riflettiamo su come far sì che la fede sia vissuta con la dimensione sociale concreta che porti alla trasformazione dei cuori e della società. Il nostro punto di partenza è il Tangaza College, istituzione universitaria creata per la formazione ministeriale! Siamo consapevoli che ci voglia qualcosa di originale, che comincia una nuova epoca missionaria. Se l’originalità del 1600 coi Gesuiti in Asia era il dialogo con le culture e religiosità dei popoli asiatici; se l’originalità di Comboni nel 1800 era già impostata a ad una missione che coniugava fede e promozione umana; il 1994 è il momento di unire fede e Trasformazione Sociale. Questo significa pensare ad un cambiamento sistemico per cambiare le strutture di peccato e far rifiorire la dignità della persona umana, i diritti umani, la condizione della donna, il bene comune. Tutto questo a partire dai Semi del Verbo che lo Spirito Santo ha seminato.
SIAMO NATI ALLA TRASFORMAZIONE SOCIALE
La trasformazione appartiene alla vita. E‘ un fenomeno naturale del cosmo e della storia. Però la trasformazione sociale richiede la partecipazione nostra in armonica collaborazione di uomini e donne.
Con la Teologia e le scienze sociali in dialogo, anche noi nel nuovo tessuto missionario siamo interpellati ad essere creativi, mai passivi. Costruire assieme una società più umana e fraterna, un patto sociale, un patto culturale, ma anche un patto scientifico sono urgenti. (FT 204).
Non vedo il contributo delle scienze come rifiuto di credenze antiche e percezioni di Dio in un passato di tradizioni ormai fuori contesto. Come ci aiutano le scienze sociali? Ci fanno vedere la realtà mondiale globale complessa e le situazioni con cause ed effetti che prima non vedevamo, delle quali in parte siamo responsabili, in parte il passato non ben gestito, in parte nuovi venti che a noi sfuggono. Realtà dalle quale l‘ aspetto religioso è solo uno. Le scienze sociali ci fanno capire che la missione deve toccare tutti gli altri aspetti della vita umana. Non soltanto insegnare il catechismo con una serie di formulazioni di fede o gli articoli del credo. Ogni ambito della vita umana va illuminata da Cristo. Ogni situazione ingiusta ci tocca e ci chiama a viverla insieme alle vittime.
Abbiamo una guida sicura nel Magistero Sociale della Chiesa orientata alla venuta del Regno di Dio di giustizia, di pace. Con esso siamo arricchiti nella trasmissione del messaggio evangelico, preparati ad essere trasformati dalle altre religioni. Oggi la “missione” è dialogica.
Il mio vissuto di missione a Nairobi, dove ci sono molte Università ispirate dalle rispettive religioni, è stato di grande slancio dialogico, profonda amicizia sociale, e arricchimento mutuo. Il mio ministero missionario si è configurato come mettere in contatto altre esperienze religiose con l’esperienza cristiana caratterizzata di Gesù Cristo per costruire nel mondo il Regno di Dio di fratellanza, per abbattere i muri di pregiudizi e separazioni.