Di P. Francesco Pierli MCCJ – Sr. Teresita Cortés Aguirre CMS

La Storia ha il suo corso, guidata da Dio, dagli avvenimenti e dagli essere umani che vivono in determinata epoca. Un Carisma è una intuizione, è potenzialità, una risposta di Dio, che regala a una persona, che si incarna in una persona. Il Carisma è una realtà nelle situazioni concrete che si vivono. Non esiste una storia globale una volta e per sempre, ma esistono storie concrete che coinvolgono l’essere umano, uomini e donne che hanno da affrontare sfide e districare situazioni del mondo, tali come questioni dei rapporti umani, della sopravvivenza, del cibo, della salute del senso della vita, disagi esistenziali; come pure questioni di rapporti col creato e col Creatore.

Un Carisma non esiste in un vuoto, ma include le doti umane, si confronta con un bisogno storico, si adopera per migliorare la vita dell’umanità e costruire il Regno di Dio. Il Carisma personale è sempre risposta ad un Carisma più ampio e sempre in espansione, sempre in evoluzione, in trasformazione, come d’altronde tutte le leggi del cosmo e della natura lo dimostrano.

Il Carisma è un fatto divino e umano; umano e divino. La dialettica è chiara. E’ dall’alto ed è dal basso. È nell’incontro dell’Alto e del Basso che nasce e che si evolve. Il Carisma implica inabitazione: l’inabitazione di Dio nella nostra Storia, come pure l’inabitazione nostra nella Storia. 

COMBONI missionario CAPACE 

a)“Capace”è un concetto molto ricco. Include doti umane, caratteristiche fisiche, psicologiche, percezione del proprio io, dell’alterità, di Dio. Doti che vengono dall’interno della persona, incise già nella sua genetica. A ciò si aggiungono luoghi specifici: l’esperienza nella famiglia che va plasmando la persona, l’influenzale dell’ambiente attorno, il vicinato, la comunità di fede, associazioni sportive, gli spazi per attività ludiche e così via. Ancora più incidenza avrà la comunità educante: la scuola. Se in questi luoghi di presenza, il carattere e le abilità sono ben canalizzate, ne risulterà una maturazione armoniosa della persona. Se però le abilità non trovano spazio, non si sviluppano o vengono magari soffocate, possono finire frustrate. La ricchezza umana è condizione indispensabile per l’azione di Dio.

Quindi con la partecipazione della creatura, dal basso, è dove poi si inserisce lo Spirito Santo. Con ispirazioni nell‘intimo della persona, con mozioni attraverso vari strumenti, come la Parola di Dio, gli esempi di testimoni, sia vicini, sia lontani. Per Comboni la lettura, già a 13 anni, della Storia dei Martiri del Giappone, è stata ottima preparazione e di gran lunga decisiva per la sua vocazione missionaria. Comboni, poi, era a conoscenza della realtà del suo tempo. Conosceva l’esperienza che facevano alcuni imprenditori in Francia, che sono tra coloro che contribuirono al pensiero sociale di Leone XIII soprattutto nella Rerum Novarum.

Nel suo momento, Daniele Comboni, apre cuore e intelletto alla realtà, analizza, si lascia trasformare profondamente e coglie l’urgenza di portare insieme all’annuncio di Cristo, l’educazione, la cosiddetta “civiltà”.

Per questo egli insisterà sulla preparazione dei futuri missionari! Conoscenza delle lingue, delle scienze, di tutto ciò che fosse utile alla situazione di quella realtà. Completamente nuova, totalmente diversa da ciò che poteva aver pensato don Mazza, che pure essendo anche lui carismatico, era però incentrato su un modello di chiesa italiana stabilita da millenni, quando cominciò ad inviare i suoi preti in Africa. In una parola – “Capaci” – Comboni riassume la richiesta preparazione.

b) “Senso di Dio” in Comboni

Come deve aver vissuto una profonda comunione con Dio, che ci invita a vivere nel nostro “il senso di Dio”. Il suo ascolto di Dio stato intenso e profondo, per accogliere tutte quelle ispirazioni, anche le più esigenti, che non gli permettono di indugiare nell’andare avanti nella sua chiamata, contro tutte le avversità dovute all’ambiente naturale e a causa di umane intenzioni.

Con immensa fiducia in Dio reagisce davanti alla responsabilità che si sarà sentita addossare quando da diverse persone lungo la sua vita si sente confermare nella sua chiamata alla “missione più difficile dell’universo”, come guida, timoniere e “bussola” in una barca fragile in un mare tempestoso. Investe i suoi “talenti”, che non nasconde né risparmia, né si adagia sulle comodità, né scende a compromessi. Non conosce mezze misure, ma consegna tutto se stesso al servizio di quella “vocazione”.

c) “Senso della storia” e comprensione della realtà

Comboni è in continuo dialogo con le scienze del suo tempo. Sia geografia e cartografia, sia etnografia, linguistica, antropologia, e sociologia. Egli osserva, ascolta, riflette, analizza. Il recupero della Storia è per lui di primordiale importanza e comprende la necessità di tenere viva la memoria, che va trasmessa attraverso persone e documenti scritti. Ha buona conoscenza della missiologia e della storia delle missioni anche tramite i suoi rapporti con altri missionari: prima del Concilio Vaticano I egli invita al Cairo due vescovi missionari del Giappone e a due dall’India.

d)“Senso della relazione” e confronto sulla missione

Egli investe nelle relazioni con grandi e meno grandi della terra, con donne e uomini di ogni estratto sociale. Quella sua comunione con Dio, non rimane questione privata, ma è una forza che gli fa irradiare comunione con gli altri e costruisce rapporti di amicizia e fratellanza, di vero amore con chiunque. Diligente e tenace, vive in situazione di formazione missiologica permanente: studia, legge, fa ricerche, approfondisce, si aggiorna sempre. Legge riviste scientifiche (ha pure scritto dei contributi) e segue avvenimenti. Cerca contatti e va a trovare specialisti, per approfondire la sua conoscenza dell’Africa, da ogni punto di vista. Si confronta con esperti sia di ordine spirituale e missionario, sia del contesto africano da analizzare per migliorare il “suo Piano”.

e) Fede in Dio e fiducia negli altri

Come vero maestro di fede e di speranza, Comboni sogna addirittura una fiorente educazione scientifica in Africa, con la fondazione di quattro università in quattro punti strategici del contiente. Volava decisamente alto, già nel 1864, perché credeva nella gente, nelle risorse umane di donne e uomini, europei e africani. Non soltanto nel loro potenziale umano, ma soprattutto nella loro capacità di amare, di vivere quella caritas che è dono dello Spirito.

La formazione dei missionari e missionarie di Comboni

Negli scritti di Comboni troviamo molti passi che insistono sull’importanza della formazione per i suoi missionari e missionarie. Parla della necessità dello studio (S1866), del fatto che l’esperienza e gli studi profondi faranno evitare gli errori del passato nell’evangelizzazione dell’Africa (S 2636) e di molti altri aspetti. Ad un certo punto si lamenta della poca preparazione che le suore ricevono a Verona e dà criteri per il discernimento delle candidate (S 6456), insistendo che siano donne istruite. Comboni vive in formazione permanente e arriva alla maturazione nella conoscenza di Dio. Viene configurato a Cristo sulla croce nella sofferenza, perseverando sino alla fine. Il suo congedo, è esplosione di fede con parole profetiche ai presenti accanto al suo letto di morte, tra loro Suor Elisa Suppi “Io muoio, ma la mia Opera non morirà”.

La preparazione di missionari capaci nella realtà odierna

1. La trasformazione personale

E’ trasformazione spirituale, mentale, culturale, strutturale. Non per perdere la propria identità, anzi, se non si ha una identità e una maturità umana, non si va lontano nel cammino della profonda amicizia sociale con l’alterità, non si riesce ad affrontare la sfida dell’interculturalità. L’educazione famigliare, che precede ogni altro intervento educante, è di primordiale importanza per posteriori rapporti umani e apostolici.

L’assioma “la grazia presuppone la natura” è sempre valido. Sono sottintese dunque maturità e sanità umana dove poi si inserisce l’intervento di Dio, i doni dello Spirito Santo e il ritmo della vita sacramentale.

Pur consapevoli che l’inspirazione d’ogni cultura può differire dalla nostra, sappiamo che lo Spirito Santo è presente in ogni persona e quindi dobbiamo scoprire in ognuna una voce profetica. Il rispetto e l’accoglienza saranno le basi per l’incontro e il dialogo interculturale, per la crescita insieme e quindi per la fratellanza autentica. Per essere preparati o formati all’incontro e al dialogo con le culture, con le religioni e con le povertà.

Per investire tutta la nostra persona, ciò che siamo e ciò che abbiamo, entrano in gioco le forze fisiche, il nostro tempo, le nostre capacità, le forze mentali, la sessualità e altre risorse specifiche che ogni persona possiede. Questo è il senso anche del discernimento vocazionale, scoprire le nostre potenzialità e a che tipo di ministero siamo orientati. La formazione deve ambire a formare “leaders“ ad un livello adeguato ai tempi, avvicinandosi alla conoscenza tramite le scienze che si evolvono progredendo ogni giorno.

2. Immersi nel cambio di paradigma (“paradigm shift”)

Adesso desideriamo dare alcune piste per la formazione di missionari capaci per questo secolo, abilitati come trasformatori sociali nel mondo intero, valide anche per le nostre nuove generazioni di Comboniani.

Se il carisma di Comboni viene ora rivisitato è per farlo esplodere con audacia e forza. Se Comboni ci orientò verso i più poveri e abbandonati e fondò i suoi Istituti per loro, non c’è che riprendere la Parola di Dio e la voce carismatica di Comboni, buttandoci “in bocca al lupo” con tutti noi stessi e con la massima creatività. Non c’è alternativa. I poveri, gli ultimi, gli abbandonati, gli oppressi, gli scartati, gli sfruttati: comunque li si voglia denominare, sono loro al centro del messaggio biblico, che presenta interventi storici di Dio per loro; sono al centro del messaggio e della vita di Gesù e sono al centro di qualunque pensiero, parola e opera di Comboni. Diciamo “in bocca al lupo” perché si capisce che andiamo contro gli interessi e visioni di tanti che si oppongono a questa nostra visione, tanto nella società come nella chiesa. Non per nulla in America latina si dice “Luta continua” o “Resistenza attiva”; in Africa “Trasformazione Sociale” e si evidenzia “Ubuntu”. Già sappiamo che andiamo a scomodare potenti che possono farci fuori impunemente. Ci saranno tra di noi più martiri, uccisi per amore ai poveri? Questa è la logica della “Storia della Salvezza”. Di una cosa siamo certi, che siamo chiamati a rischiare la vita. perché la nostra ora è giunta! Siamo coloro che sfidano con coraggio le varie strutture economiche, politiche, culturali e religiose, che causano un continuo degrado a livello locale e globale. Come missionari comboniani dobbiamo andare oltre quanto Comboni stesso fece e rompere schemi, le strutture “criminali” come dice Papa Francesco. Dobbiamo sfidare parametri convenzionali e scuotere l’autoindulgenza, i privilegi e comfort ovunque, anche della chiesa. Anche se a volte ci freniamo per ragioni “pecuniarie” come fece Comboni quando iniziava la sua Opera, (lo dice lui stesso), siamo disposti a dare la vita, “100 vite, 1000 vite” per i “poveri”? O vogliamo rimanere dalla parte degli sfruttatori?

Ci sono giovani generosi che entrano negli Istituti comboniani pieni di dedizioni fino al martirio. Che cosa offriamo loro come formazione? Quale ricchezza formativa offriamo per il loro ministero in questa nuova era missionaria”? Percorsi nuovi ci vogliono; come li invitiamo ad essere innovativi? Come li incoraggiamo? Prima di tutto bisogna attrezzarli bene.

3. Un formazione specificamente missionaria

Dalla nostra esperienza nella fase formativa dopo i primi voti, la prima domanda pedagogica che si deve porre il formatore è: “Chi incontro nell’accompagnamento?” Non che cosa dice un programma, che cosa posso mettere dentro a questa persona. Quello che io ho da seminare, per la crescita, è possibile soltanto se il terreno è fecondo, se la persona è pronta. Devo prima trovare l’identità di che è di fronte a me. Nella sua identità personale, potrà poi plasmarsi una identità comboniana, altrimenti abbiamo delle personalità sdoppiate. L’accompagnamento va sempre personalizzato secondo la struttura di ognuno. Si dovrà tenere presente il ritmo e la modalità di preghiera, a che tipo di azione missionaria è orientato, come percepisce e poi vive la vita comunitaria.

La domanda da parte del nuovo arrivato, di fronte a quella del formatore è: “Chi sono io a questo punto del cammino come persona e nella preparazione per diventare missionario?”. Ciò che è importante non è aggiungere, ma prima di tutto è fare la sintesi del cammino vissuto finora. Ci sono due novità da verificare, a due livelli: verifica esperienziale di me stesso e verifica della mia relazionalità con gli altri.

La seconda domanda per il nuovo arrivato, è ugualmente importante: “Che esperienza religiosa o cristiana hanno i popoli nell’ambiente dove io arrivo?” Nel contesto della sua analisi della realtà, è cruciale che il missionario quando arriva scopra la “località”, si apra alla comprensione delle caratteristiche di quel luogo, della sua geografia, della “terra”, del popolo che vi abita, del suo rapporto con la natura, della sua storia, della sua filosofia, della sua cultura. É chiamato ad osservare con mentalità aperta ma critica, ad essere in grado di rendersi conto dell’originalità del popolo. È importante che osservi il popolo, ma anche la “terra”, come parte di un patrimonio vasto. In quell’ambiente locale, dovrà incarnarsi, a cominciare dalla “terra” nella sua concretezza: che suolo è, che cosa produce secondo il clima, l’aria, l’acqua da dove e quanta. Quali vedure, raccolti, selvaggina o quali animali domestici sono il cibo di quel popolo. Perché il missionario dovrà accettare di alimentarsi coi prodotti locali: come la prima acculturazione, secondo la logica dell’Incarnazione. Così comincia il suo processo, che non dovrebbe fermarsi mai. Così sarà attrezzato per capire la mentalità e poi la religiosità di quel popolo, tanto se segue la religione naturale, quanto se già stato evangelizzato. Perché nel secondo dei casi bisogna analizzare di nuovo e cogliere l’influenza che ha avuto il contingente missionario che lo ha preceduto, con i propri condizionamenti culturali. Di conseguenza, approfondire le peculiarità e il cammino della chiesa locale dove viene inviato.

E’ soltanto dopo questo laborioso inizio, che si può inserire sia la “originalità” del carisma comboniano al quale si aderisce e che si vuole vivere, sia la teologia della vita consacrata. Certamente la metodologia missionaria esige che si discerna e si esegua la voce di Dio espressa nella realtà. Ciò include grande attenzione alla voce dei popoli, agli aneliti, alle sofferenze, alle attese, alle gioie, alle speranze delle persone da evangelizzare. È sottinteso che nel dialogo che si instaura con Dio e con loro, da fratelli, si rimane aperti ad essere evangelizzati. Allora, in uno scambio di doni, si potrà fare l’annuncio o testimoniare esplicitamente Gesù Cristo e il suo messaggio del Regno di Dio, come colui che porta la pienezza ai valori già presenti in quel popolo in quel luogo.

E’ parte integrante del cammino formativo contestualizzare contenuti e metodologia al momento attuale; basta menzionare che la teologia odierna è molto più variegata e contestuale che ai tempi di Comboni; come pure la comprensione delle altre religioni. Tutte le scienze vengono chiamate in causa: antropologia, etnologia, sociologia, psicologia, la nuova esegesi, nuova comprensione della storia, astrofisica, fisica quantistica, ecc. Senza dimenticare la tecnologia che ora può offrirci innumerevoli servizi, per la comunicazione per esempi e dati geografici accurati e aggiornati.

Profonda significatività acquista comunque il Magistero Sociale della Chiesa che è un grandioso strumento per impostare la riflessione teologica contestualizzata e di aiuto, non soltanto per la teoria, ma anche per la prassi della nostra ministerialità missionaria come azione trasformante delle realtà umane e sociali che incontriamo. Siamo felici di vivere in questa epoca storica. Siamo felici della trasformazione iniziata dal Concilio Vaticano II che esige altro spirito e altro coraggio.

Disposti ad essere artefici di Trasformazione, di Rigenerazione?

La fede va rigenerata – reinterpretata nel mondo di oggi secolarizzato, dal quale si esclude Dio, magari non con ateismo teorico ma pratico, in un mondo nel quale non ci sono progettualità verso l’Infinito, né si cercano spiegazioni “religiose”. Come missionari comboniani troviamo meraviglioso e cruciale lo sviluppo delle scienze: le studiamo e camminiamo con loro, ad esempio, per comprendere il mondo naturale. Ma una logica scientifica che escluda la fede non possiamo accettarla. Dio è Padre e Madre della nostra vita. Il mondo va avanti nella collaborazione di Dio con noi. Se ad esempio nella crisi climatica invoco Dio, devo però prima impegnarmi nel corretto uso delle risorse naturali, devo piantare alberi, devo avere una proficua ascesi ecologica. La nostra storia dipende da Dio e da noi, sia a livello scientifico, politico, ecclesiastico, per superare le immense aree di povertà. Ci vogliono dei nuovi Comboni che riescano a vivere la Storia con Dio. Che Comboni si incarni in noi con la sua fede, con la sua passione per la fratellanza, con la sua audacia, con la sua intraprendenza!

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