Brevi riflessioni di alcuni Missionari Comboniani della Provincia del Brasile.
L’argomento comincia ad essere discusso nelle nostre diocesi locali. Viene presentato alle assemblee pastorali diocesane, alle riunioni regionali dei vescovi, ai consigli pastorali diocesani. Questionari e inviti al dibattito stanno arrivando in alcune delle parrocchie che accompagniamo. In alcuni casi, questi questionari vengono inculturati, in base alla realtà concreta e alla situazione della Chiesa in particolari territori.
Conosciamo altre chiese cristiane, come la Chiesa anglicana, che hanno un’esperienza di sinodalità molto più avanzata della nostra, con una significativa partecipazione di laici. Vediamo che, a poco a poco, una nuova sensibilità sta crescendo anche nella nostra chiesa, cercando di andare verso una comprensione e un’azione più “circolare”. Tuttavia, sono ancora necessari importanti passi di conversione, personali e comunitari. Uno dei rischi principali è che la riflessione sulla sinodalità si limiti ai gruppi di dirigenti che sono già più vicini alle strutture di coordinamento della Chiesa, senza coinvolgere effettivamente “le basi”, per ridurre questa distanza.
Ogni volta che apriamo il dialogo con i laici cristiani, la visione della Chiesa e della realtà si arricchisce, si completa e si approfondisce. Per noi è sempre importante capire la fede dalla realtà, dalle sfide e dalle speranze che la vita concreta ci propone.
La Vita Religiosa corre anche il pericolo di scivolare nel clericalismo, mentre la nostra sfida è di vivere radicalmente le promesse battesimali, fuggendo dalla tentazione del potere.
La nostra Regola di Vita ci ricorda che evangelizziamo come comunità. Tuttavia, spesso lavoriamo più come individui che come comunità. Il missionario comboniano che è formalmente nominato “parroco” (un requisito delle diocesi in cui lavoriamo) finisce per assumere questa rappresentanza istituzionale in modo individuale e talvolta anche individualistico. È difficile per lui confrontarsi con il resto della comunità comboniana e con la leadership laica. Questo accade a volte per il peso della responsabilità, a volte per la fretta di prendere decisioni, a volte anche per una ricerca più o meno esplicita di potere. Così, in alcuni casi, il ruolo di parroco ci allontana dal resto della comunità comboniana.
Anche se comprendiamo il valore della sinodalità in una parrocchia, siamo tentati di “passare oltre” questo principio perché una decisione sinodale richiede tempo, riflessione, condivisione e pazienza. Nella nostra cultura, soprattutto in Europa, abbiamo più fretta di decidere e di far accadere le cose.
L’esperienza interculturale in comunità ci sfida e spesso ci aiuta, perché richiede e stimola più dialogo per raggiungere una comprensione comune. D’altra parte, la sfida delle differenze culturali e intergenerazionali è grande e talvolta causa di conflitto. Per salvare la comunione e l’unità tra di noi, si tace, ingoiando o privatizzando alcune decisioni.
Sinodalità non significa semplicemente cercare l’armonia e la pace nel gruppo, ma rimanere fedeli a un progetto, a un’identità missionaria, a decisioni mature e costantemente rivalutate collettivamente. Anche se questo a volte costa tempo e qualche conflitto.
A livello provinciale, stiamo discutendo da tempo i meccanismi di gestione e distribuzione del potere. Il tema è stato oggetto di interviste individuali e collettive, è stato sistematizzato nell’Analisi Istituzionale ed è stato nuovamente commentato in dibattiti significativi nelle e-mail collettive. Ci sono state riflessioni e proposte sui processi di consultazione, il decentramento delle decisioni, la trasparenza e la comunicazione del Consiglio Provinciale, la partecipazione alle decisioni del Consiglio, ecc. In alcuni aspetti siamo progrediti e migliorati, in altri ci sono ancora passi da fare.
Nell’Istituto c’è una dimensione sinodale particolare da rispettare, che è la valorizzazione dei Fratelli. Pervade ancora una mentalità clericale, che in molte situazioni finisce per rendere i fratelli invisibili e dare risalto ai sacerdoti.
Le osservazioni precedenti mostrano che, per mettere in pratica la sinodalità nelle nostre chiese locali e nella Provincia, è ancora necessaria una profonda conversione, sia a livello personale, nelle relazioni comunitarie, nel nostro modo di coordinare la parrocchia, nella nostra partecipazione alla Provincia, nella gestione stessa del potere e delle decisioni nella Provincia.